ORDINANZA 576 del 5 aprile 2007 – L’affare Incollingo – Principato di Seborga
IL TRIBUNALE Sezione distaccata di Ventimiglia Letti gli atti del procedimento ed esaminati i documenti tutti prodotti;
Visto che con atto introduttivo notificato in data 18 luglio 2001, il signor Italo Incollingo, premettendo di essere proprietario di immobile sito in Seborga, piazza San Martino 1, angolo via Zecca, concesso in locazione al Governo del Principato di Seborga nelle persone dei suoi Ministri, lamentava la mancata corresponsione di numerosi canoni di locazione e conveniva in giudizio lo stesso conduttore chiedendo la convalida dell’intimato sfratto per morosità;
Vista la regolare costituzione del convenuto con la quale, lo stesso, contestava nel merito ed in toto le pretese attorale, e, non prima di aver sollevato eccezione pregiudiziale per difetto di giurisdizione dello Stato italiano nel procedimento, previa occorrenda rimessione degli atti alla Corte costituzionale attesa la illegittimità degli art. 1, 5, 6 del codice di procedura civile in relazione all’art. 10, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui essi non prevedono che possa sussistere giurisdizione esclusiva di uno Stato non riconosciuto sovrano dallo Stato italiano, ma considerato tale da altre comunità e/o Stati stranieri riconosciuti dall’Italia, chiedeva che il giudice pronunciasse la propria incompetenza giurisdizionale.
M o t i v i
Premesso il dato giuridico noto, per il quale, il riconoscimento della sovranità di uno Stato può essere «implicito», cioè avvenire de facto, mediante un atto facoltativo e politico, senza necessità di ravvisare alcun obbligo giuridico nè alcuna necessità di procedere ad una determinazione precisa, pubblica e politica, ma mediante un atteggiamento di attesa o di riflessione connotantesi per un aspetto d’intenzione preciso o implicito, deducibile dall’inizio delle attività di diritto internazionale da parte dell’universalità degli interlocutori, aventi come controparte il nuovo soggetto tacitamente riconosciuto come sovrano; o avvenire esplicitamente, cioè de iure mediante l’instaurazione o la registrazione di una situazione effettiva, comunque esistente indipendentemente dal riconoscimento da parte degli stati di diritto;
Considerato che tale ultima teoria, c.d. dichiarativa, ritiene che la personalità internazionale di uno Stato sia determinata solo dai criteri oggetti di diritto internazionale e una volta soddisfatti questi, uno Stato, ancorché’ non riconosciuto, abbia diritti e funzioni internazionali che può far valere di fronte alla comunità internazionale; rilevato che tale posizione, risulta suffragata dalla parte più accreditata della dottrina che ritiene che, in tal modo e soddisfatti i requisiti essenziali della sovranità (territorio, popolazione e sovranità o governo su territorio e popolazione), uno Stato, anche non riconosciuto, possa prendere posto nel diritto internazionale con o senza il riconoscimento (cfr. Menon, «Alcuni aspetti della legge di riconoscimento»; Duursma, «Autoderminazione, Stato e relazioni internazionali di microstati»; Grant, «Il riconoscimento degli Stati …».
Rilevato che l’acquisto della soggettività internazionale da parte degli Stati è legato alla reale manifestazione delle tre caratteristiche (popolazione, territorio e sovranità) in capo ad una organizzazione, essendo l’ordinamento internazionale atipico, cioè non contemplandosi un’istituzione normativa e giudiziale ma lasciandosi tutto alla libera iniziativa degli Stati ed agli accordi che questi pongono in essere tra loro e non potendosi in alcun modo delineare una procedura tipizzata di acquisto della soggettività internazionale. Più in particolare, la questione assumerebbe un carattere soprattutto politico in quanto, di per sé, il riconoscimento di uno Stato da parte di un altro Stato o a parte di istituzioni internazionali non ha che una funzione dichiarativa, e certo non ha funzione costitutiva (Stando a tale opinione, paradossalmente, non sarebbe essenziale che vi fosse riconoscimento da parte degli altri soggetti affiche’ l’istituzione diventi soggetto di diritto internazionale).
Ritenuto che non si possa omettere dall’osservare che il ruolo legale del riconoscimento venga normalmente circoscritto anche al fine di promuovere e rendere sempre più determinante il ruolo di protezione internazionale esercitato dalla Comunità delle Nazioni, in armonia con il progetto mondiale che concerne e difende i diritti dell’uomo;
Considerato che le conseguenze della natura «provvisoria» del riconoscimento de facto rispetto a quello de iure sono evidenziate dalla legge internazionale, per la quale il riconoscimento di un’annessione o di un’usurpazione de facto non è sufficiente a distruggere i diritti fondamentali della sovranità de iure che permane vigente (cfr. Greig, Diritto internazionale). Ritenuto che nell’attuale fattispecie ed in tale ottica il Principato di Seborga parrebbe integrare pienamente gli elementi di uno Stato, nonché possederne i requisiti essenziali e così rispondere ai criteri propri ed utili per ottenere il riconoscimento della propria sovranità: assume le manifestazioni fisiche e sociali di tipo primario come una persona giuridica internazionale proteggendo il proprio territorio, che ha ben delimitato, e le sue appartenenze; esercita le proprie funzioni e il proprio governo.
Quanto all’elemento del territorio, in particolare, emerge dagli atti di causa il dato storico non irrilevante e non contestato tra le parti, per il quale il territorio di Seborga non è mai stato formalmente annesso all’Italia: risulta pacifico tra le parti e confermato dai riferimenti storici riportati e tra loro non contrastanti ma univoci, che nel 1729 Vittorio Amedeo II di Savoia abbia stipulato l’atto di acquisto del territorio in oggetto ma che, in vero, tale rogito non fu mai registrato. Tale atto è dunque giuridicamente nullo e tale conclusione è, effettivamente, unanimemente condivisa. La circostanza della mai avvenuta annessione di Seborga all’Italia risulta confermata dalle successive vicende storiche, sulle quali, ancora, in causa, non sorge contestazione: mai il territorio di Seborga fu annesso alla Repubblica di Genova (e ciò emergerebbe dal trattato di Aquisgrana), mai il Principato di Seborga risulterebbe essere stato citato nel Congresso di Vienna.
Parte resistente produce altresì documenti che riferiscono il dato storico per il quale nel 1939 lo stesso Mussolini scrisse: «Il Principato di Seborga non appartiene all’Italia». In tali susseguirsi di dati storici, tutti unanimi, conformi, convergenti, non contestati, sebbene riportati e mai suffragati dalla produzione degli atti originali che li porrebbero (ma, d’altro canto, potrebbe qui ben trattarsi diabolica probatio attesa la vetustà e la natura degli stessi) emerge la prova certa del fatto che fino al 1946 Seborga fosse riconosciuta come indipendente dallo Stato Pontificio mediante la concessione del diritto di godere del c.d. Nullius diocesis e ciò risulta provato pienamente dalle copie degli originali degli atti ottenuti dagli archivi della Diocesi di Ventimiglia, contenute nei documenti prodotti da parte convenuta.
Ritenuto che Seborga potrebbe considerarsi «Stato» in quanto alla nozione di popolazione comunemente intesa quale organizzazione di esseri che vivono insieme in comunità; ha formato un proprio governo (Principe, Consiglio della Corona, Consiglio dei Priori, Cavalieri della Corona e Parlamento) ed espleta mansioni istituzionali mediante organi esecutivi (Segretariato generale per le questioni interne; Segretariato generale per le relazioni con l’estero; Segretariato generale per la giustizia, Segretariato generale per il controllo dell’immigrazione, societario, finanziario ed immobiliare).
Visto che dalla documentazione prodotta in atti risulta altresì che Seborga abbia organizzato un proprio sistema giuridico, pubblicando un codice che contiene gli statuti generali, le leggi e le regole principali o decreti; Visto che il Principato di Seborga emette propria valuta, coniando monete ed accettando come valuta straniera il denaro circolante ed avente valore legale ed emette altresì francobolli propri;
Rilevato il dato fattuale che maggiormente suffraga e connota del carattere di rilevanza la sollevata eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 1, 5, 6 del codice di procedura civile e degli artt. 3 e 5 della legge 21 maggio 1995 n. 218, in relazione agli artt. 10 e 11 della Costituzione italiana, nella parte in cui essi non prevedono che possa sussistere giurisdizione esclusiva di uno Stato non riconosciuto sovrano dallo Stato italiano, ma considerato tale da altre comunità e/o Stati stranieri riconosciuti dall’Italia, nella circostanza per la quale, effettivamente, il Principato di Seborga, ha visto riconosciuta la propria sovranità ed indipendenza di Stato autonomo da altri Stati che l’Italia riconosce come sovrani: numerosi sono i Consolati che il Principato di Seborga ha stabilito all’estero, numerosi i consoli in questi accreditati e che ivi stabilmente permangono nell’esercizio delle loro funzioni diplomatiche; Visto l’art. 10, comma 1, Costituzione italiana che dispone che: «L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»;
Visto l’art. 11, comma 1, della Costituzione italiana nella parte in cui dispone che: «L’Italia (…) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni». Visto l’art. 3 della legge 31 maggio 1995 n. 218 che definisce l’ambito della giurisdizione italiana, nella parte in cui prevede che: «( … ) La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l’Italia, anche allorché’ il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione»;
Visto l’art. 5 della legge 31 maggio 1995 n. 218 relativa alle azioni reali relative ai immobili siti all’estero, che prevede che: «La giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all’estero».
Ritenuta rilevante la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5 e 6 del codice di procedura civile e degli artt. 3 e 5 della legge 31 maggio 1995 n. 218 in relazione agli artt. 10 e 11 della Costituzione italiana nella parte in cui essi non prevedono che possa sussistere giurisdizione esclusiva di uno Stato non riconosciuto sovrano dallo Stato italiano, ma considerato tale da altre comunità e/o Stati stranieri riconosciuti dall’Italia.