MESSAGGIO DEL PRIORE DIEGO IN OCCASIONE DEL SANTO NATALE 2019 a.D.
Gesù nasce in Giudea, non certo per caso. Il pretesto è che Giuseppe e Maria devono lasciare la loro Galilea per recarsi nel paese d’origine della famiglia di lui, a causa del censimento. In realtà, che Gesù dovesse nascere a Bet Lehem (Betlemme), cioè nella “casa del pane”, era scritto da sempre.
A Betlemme la situazione alberghiera era così disastrata da costringere Maria a partorire in una grotta. In realtà la spiegazione è più profonda: Gesù nasce in una
grotta dei pastori e viene deposto in una mangiatoia perché noi potessimo comprendere che, così come il bue e l’asino si cibano di fieno, allo stesso modo sarà lui il nostro cibo. Pensiamo all’Eucarestia e avremo compreso.
La presenza divina è nota a Maria ma nessun altro in paese sa o immagina chi sia realmente il piccolo Gesù. Egli emana, tuttavia, vibrazioni di pace, serenità, gioia, amore le quali dalla grotta si espandono nell’etere. Ed ecco allora comparire davanti atta grotta alcuni soggetti che, certamente, hanno captato queste vibrazioni e ne hanno compreso la provenienza. Sono i pastori, vale a dire gente umile, semplice, abituata atta solitudine; gente che da sempre vive immersa nella natura. Loro hanno compreso che netta grotta era nato uno di loro, un pastore, anzi il Buon Pastore.
Più misterioso ancora è l’arrivo dei Magi: enigmatici personaggi d’oriente. Il viaggio di questi saggi atta ricerca del Messia era iniziato con largo anticipo; seguendo la stella essi giungeranno atta grotta per prostrarsi ai piedi del piccoletto in segno di rispetto, affetto, devozione. Che il Messia fosse nato lo aveva intuito anche Erode. Ciò, al contrario, non era successo a molti personaggi influenti dello establishment religioso ebraico; loro erano certi: non era ancora giunto il tempo per il Messia. Noi non conosciamo le ragioni profonde per cui i re Magi abbiano deciso di lascare e loro terre per seguire quella stella. Sappiamo però che decisero di seguire il loro cuore. Affrontarono un viaggio lungo, periglioso e lo fecero non certo per ricevere benefici o per aumentare il loro potere o il loro prestigio. A loro interessava essere testimoni, riconoscere nel piccolo Gesù il Dio incarnato e dire “Noi ci siamo; noi siamo qui” con Te, per Te.
E poi c’è Erode. La sua è la stessa intuizione dei saggi Magi e degli umili pastori. Erode capisce che a Betlemme è successo qualcosa di unico, di grandioso; Erode già intravede, in quel bambino piccolo e indifeso, un enorme pericolo; intravede il Messia trionfante e ne è atterrito.
Quale insegnamento trarre da questa vicenda, centrale per la nostra religione, e che ricordiamo e riviviamo da oltre due mila anni?
Che il male è sempre attento, vigilante, attivo, propositivo. Erode è pronto a tutto; è disposto a compiere un massacro di bambini netta speranza di eliminare il
Messia, il Salvatore dalla faccia della terra. Che a volte la religione (vedi il Sommo Sacerdote) appare insensibile, inattiva, in preda all’ignavia. Che a volte lo studio, le convinzioni personati, e la conoscenza dei sacri testi, diventano fonte di presunzione e ciò porta inesorabilmente ad avere un cuore di pietra.
In questa notte, che coincide con il Solstizio d’Inverno, in cui le tenebre di Erode paiono prevalere, in cui l’indifferenza di molti ci rattrista, una nuova luce sta
rischiarando non solo la grotta di Betlemme ma tutti coloro che desiderano ardentemente un cuore puro.